Venezia

 

In quel caldo  fine settimana di Ottobre la laguna indossava uno dei suoi colori migliori, mentre i vaporetti facevano la spola per smistare l'affluenza copiosa di turisti e i distributori di derrate alimentari dalle loro imbarcazioni scaricavano le consegne giornaliere per ristoranti, bar  e alberghi. Quello era un giorno come tanti per questa città abbastanza speciale, che ancor di più lo era in quel momento in cui l'attesa si faceva grande, per l'evento della Regata Storica che si preparava.

 

Dalla stazione ferroviaria di Santa Lucia partono i battelli per tutte le destinazioni, ma era irresistibile in me la voglia di attraversare a piedi la città. Ero appena sceso dal treno, con l'occorrente per esercitare la mia passione artistica. Dopo un caffè preso al volo, superata la maestosità di Rialto, mi incamminai incontrando calle e ponticelli da un estremo all'altro della città. Percorrendo un labirinto di passaggi spesso angusti, lasciandomi guidare solo dalla scia dei turisti, lungo passaggi stretti e bui sotto palazzi i cui balconi sembravano toccarsi, tra l'odore nauseabondo delle sporcizie di gatti randagi. Poi ogni tanto la scena tornava a illuminarsi, attraversando qualche piccola piazza pavimentata coi ciotoli, con un pozzo al centro e poi  in giro marmo,  tuttto quel marmo dalle variegate venature e decori, nei monumenti, davanti alle chiese e persino nei palazzi, quasi da ogni particolare  percepivo questa sorta di atmosfera austera e dal vago gusto cimiteriale. Passare dall'odore putrescente dei canali a quello invitante, proveniente dalla cucina di un ristorante il passo poteva essere breve.

 

Su una gondola che attraversa un ponte basso, due innamorati sorridono tenendosi stretti, per un attimo si sentono  al centro del mondo, di questa scenografia malinconicamente romantica, che li circonda come un palcoscenico posticcio. Venezia ci prova sempre a sedurre i suoi visitatori, che vi sia la nebbia o il sole, col freddo o sotto il vento, come un'anziana signora  dai fianchi sfatti e dalla bellezza decadente e sublime, che malgrado l'età piace e si piace  per com'è, forse non si guarda più allo specchio ma dentro di se e peferisce vivere di ricordi passati, malgrado lo spietato incedere del tempo che ogni giorno inesorabilmente le ruba qualcosa ma non l'annienta. Lo sciabordio delle onde a Riva degli Schiavoni, che risuonano col ritmo di un respiro affannoso, sembra stiano a  sottolineare un tormento.

 

Da una scalinata all'altra, tra salite e discese, avevo per un attimo smarrito la percezione del tempo, dopo circa mezz'ora di cammino, svoltando l'angolo fu quasi una sorpresa  scorgere  davanti a me piazza San Marco. Attraversai questo grande spazio fotografandone con lo sguardo ogni angolo, ma non avevo molto tempo a disposizione e proseguii a passo sostenuto verso la mia meta. Dovevo andare a prenotare una camera per la notte, dovendomi fermare per un altro giorno ancora.

 

La volta precedente avevo fatto tardi e non avendo trovato più posto, mi era toccato  trascorrere una notte all'addiaccio, per fortuna quella volta era estate e non faceva per niente freddo. Mi incamminai per una traversa dalle parti del Ponte dei Sospirie alla prima insegna con su scritto "Pensione", seguendo le indicazioni, andai su per una scala.

 

La signora era indaffarata a riordinare le poche stanze e forse per quel motivo non sembrò dedicarmi tanta attenzione, registrò di fretta  il mio nominativo, mi mostrò la camera informandomi del prezzo, a me andava bene e lei non pretese alcun anticipo, mi raccomandò solo di non fare tardi, ovvero  di non oltrepassare troppo la mezza notte. Salutai andando via e mi diressi verso uno di quei ponticelli lungo Riva degli Schiavoni. Fu una giornata intensa, di lavoro, di incontri e contatti con la gente. Quando l'affluenza accennò a scemare, mi incamminai verso l'alloggio, la mezza notte era già passata da un po'.

 

Oltrepassai l' ingresso e poi su per il solito piano di scale, all'interno data l'ora, soltanto il silenzio e una luce soffusa dominavano l'ambiente, la signora non stava dietro al banco, ma affossata dentro una poltroncina un po' consumata vicina a un tavolino, come se riposasse la fatica della giornata. Ma quella bottiglia di Martini e quel bicchiere smezzato accanto alla sua mano, forse avrebbero potuto dare un diverso significato a quella esibizione di apparente stanchezza. In una posa visibilmente scomposta manifestava una voglia lasciva,  ma poco la aiutava la sua bellezza fisica ormai non più fiorente, anzi piuttosto appesantita dall'inclemenza degli anni.

 

Mi avvicinai per darle la buona notte passandole accanto, mentre lei che forse aveva dovuto ricorrere a quel liquore per darsi coraggio, avanzò una proposta piuttosto esplicita nei miei confronti, malgrado avesse il doppio dei miei anni: " Facciamo cic ciac, così non ti farò pagare!?" Feci di tutto per non metterla a disagio, immaginai il suo imbarazzo di quel momento e la solitudine che l'avesse potuta indurre a tanto. Ma il mio impaccio non era assolutamente inferiore al suo e pensai subito a liberarmene, diplomaticamente. Accusai una stanchezza fuori dall'ordinario, con quella scusa approfittai per congedarmi da lei e andai a dormire. 

Mi resi conto in quel momento che "Venezia" ci stava provando anche con me...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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