L’evasione del coniglietto
Il ricordo di quel giorno rimane ancora vivo. Era primavera e da alcuni giorni Piero era in licenza. In quei brevi periodi di permanenza scaturivano dalla sua mente un sacco di idee, di cose da fare, di lavoretti e giochi a cui noi bambini assistevamo e tutto si presentava per noi come un continuo spettacolo in evoluzione. La sua operosità era sempre intensa, quasi a dimostrare la sua voglia di recuperare il tempo perduto stando lontano dalla casa, da cui il lavoro lo teneva distante. Nei giorni precedenti, con molto impegno aveva messo in ordine il pezzetto di terreno e l'orto, liberandolo dalle erbacce infestanti e costruendo in una zona tanti cordoli di terra, allineati con scrupolosa precisione geometrica, nei quali forse sarebbero andati in sesto sementi e piantine di ortaggi.
Ma in quella bella mattinata soleggiata l’idea in programma era un’ altra: lavare il pavimento in cotto di tutta la casa. Il momento era propizio, dato che mamma Concetta era assente. Si era recata ad Acireale per fare delle compere e benché di natura permissiva, così non avrebbe potuto interferire, inoltre in questo modo l'opera già compiuta al suo rientro sarebbe risultata una sorpresa. Iniziò spalancando tutte le porte, poi liberò il più possibile la superficie del pavimento, spostò le sedie appoggiandole su tavolini e letti. Andò a recuperare la scatola di detersivo in polvere (quella che generalmente si usa per il bucato a mano) e sparse l'intero contenuto per tutta la casa. "Oggi pulizie straordinarie!"
andava dicendo e nel frattempo, mentre si accaldava, si liberò della camicia per restare a torso nudo. Cominciò a inondare tutte le mattonelle con secchiate d'acqua, per poi lavorarci su con la scopa, strofinando con tanta lena. Quello che Piero faceva assomigliava spesso a un gioco, poteva sembrare quasi uno scherzo, dato che affrontava anche la fatica con divertimento. Il lavaggio del pavimento fu abbastanza impegnativo e lui lo portò a termine molto scrupolosamente, risciacquando e spingendo l'acqua fino all’ultima goccia facendola defluire dalle feritoie delle soglie, che scaricavano dal lato del cortile e sul lato strada, fino a restituire alle mattonelle un aspetto nuovo, con quel colore rosso primordiale.
Finita l'opera e dopo essersi compiaciuto del risultato, si mise comodo sulla sua sdraio in tela, al fresco del cortile interno, per godersi un po' di riposo, con le mani intrecciate dietro la nuca. Adesso guardava verso l'orto, l'albero di mandarino, l'arancio e più in fondo la terra zappata e ordinata qualche giorno prima. Fu proprio in quel momento, che tra i solchi di terra vide saltellare qua e la un coniglietto appena evaso dalla gabbia. Avrebbe potuto continuare a godersi il suo meritato riposo e lasciar correre, ma a suo avviso, davanti ai suoi occhi si stava presentando un'urgenza a cui non si sarebbe potuto sottrarre...
Si alzò dalla sdraio e all'inizio provò a rincorrere il vispo coniglietto, tentando di acciuffarlo, ma fu uno sforzo inutile, l'animale era molto agile e non si lasciava prendere. Provò allora a utilizzare la tecnica del portiere quando si tuffa per bloccare il pallone, ma anche questo metodo, più che azzerare la geometria dei cordoli di terra dell'orto, non portò nessun esito. Esausto e consapevole ormai della difficoltà, si rese conto che quella bestiola non si sarebbe fatta catturare con metodi non cruenti. Il coniglio continuava a gironzolare padrone di quello spazio e Piero lo osservava con una certa insofferenza, quando a un certo punto raccatta un sassolino e quasi con sentimento di stizza glielo lancia contro. Colpire a una certa distanza un piccolo animale in movimento con un sasso, non è mai un’impresa facile, ancor più se è al primo tentativo.
Si è data però la combinazione che non sia stato il sasso a raggiungere il coniglio, ma il coniglio a spostarsi nella traiettoria del sasso, proprio così, infatti non appena l’animale spiccò un salto per arrampicarsi sulla roccia posta sul limite del terreno, sotto la pianta di ulivo, il sasso, che casualmente viaggiava all’altezza di quella traiettoria, lo colpì al volo e lo fece secco. Era un coniglietto di tre o quattro etti di peso, non sarebbe stata quella la misura ideale per farne una pietanza, infatti teoricamente mamma Concetta lo avrebbe fatto crescere ancora, ma ormai il fatto era compiuto e Piero come in qualsiasi occasione, neanche il quel caso non si perse d’animo. Legò il coniglietto a un ramo del mandarino, appeso per una zampa, lo scuoiò per bene, ripulì pelle e interiora sotterrandoli. Dopo averlo sezionato, cominciò a cuocerlo dentro il sugo. Quando arrivò mamma Concetta, si compiacque del lavoro di pulizia e avvertendo il particolare profumino che proveniva dalla cucina, curiosando, sollevò il coperchio e riconobbe tra il sugo che bolliva, quei pezzetti di carne e subito gli fa “Pitrinu, e chi cucinasti u cunighiu? Non era ancora pittiriddu?!” (Piero, e cos’hai cucinato il coniglio? Non era ancora piccolino?!) e lui con la massima disinvoltura “mammina, oggi mi faceva cori di cunighiu…” (mammina, oggi avevo voglia di coniglio!).